30 ottobre 2016

Il sistema corruttivo siciliano: tutte donne













18 aprile 2018 - Dalla farmacia per prendere medicine per sé o per i familiari, al bicchierino coi ricci di mare da recuperare a Partanna-Mondello. E ancora gli abiti da ritirare in tintoria anche per l’ex prefetta di Palermo Francesca Cannizzo, la tappa nei negozi di alimentari per comprare qualcosa da portare poi a un’amica intima, quella dal calzolaio per farsi risuolare le scarpe o alla Rinascente per andare a comprare un costume per il figlio.
Queste le faccende sbrigate dagli ex agenti di scorta di Silvana Saguto, sentiti oggi al processo che si celebra a Caltanissetta sulla presunta mala gestio dei beni confiscati da parte dell’ex presidente della sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo e dei suoi presunti complici.
«Succedeva che ci chiedesse di sbrigare incombenze che non rientravano nei nostri compiti istituzionali», lo ammette candidamente Giuseppe Fortuna, sovrintendente capo della polizia e membro del reparto scorte. Con l’ex giudice lui ha lavorato per ben 15 anni, era il responsabile del servizio di tutela disposto per lei.
«Ero il caposcorta. Organizzavo il servizio e gli spostamenti, organizzavo tutto in pratica per quanto riguardava la sua sicurezza». Ed è questo il motivo principale, la sicurezza della magistrata, che lo spingeva ad autorizzare e a sbrigare le famose «incombenze» di cui oggi lui e i suoi colleghi hanno riferito di fronte alla corte. «Io preferivo che la dottoressa uscisse il meno possibile per una questione di sicurezza. Capitava che mi diceva "ti dispiace comprare il pane?" e io lo facevo - racconta il teste -. Evitavamo certi spostamenti se non quelli indispensabili».
Si cercava, insomma, di esporla il meno possibile e di evitarle di sbrigare faccende che avrebbero potuto svolgere i suoi agenti di scorta al posto suo.
Capitava addirittura che i favori riguardassero anche persone vicine alla magistrata e che queste salissero addirittura a bordo della vettura blindata fornita dal ministero degli Interni in sua assenza: dalla nuora, presa da casa e poi riaccompagnata, alle amiche più intime.
«In quanto capo scorta ero io a decidere se fosse consentito o meno, e decidevo proprio nell'ottica della sicurezza e degli spostamenti, che cercavamo di ridurre al minimo. Contravvenendo alle disposizioni di servizio - ammette - ma perché è da moltissimi anni che si tollerano certi comportamenti delle persone scortate. Ripeto, la mia preoccupazione era solo garantire l'incolumità della persona sotto tutela e volevo esporla a meno rischi possibili. Si evitava di fare più giri insomma».


29 marzo 2018 - Alla fine la decisione è arrivata: Silvana Saguto è fuori dalla magistratura. A deciderlo è stata la sezione disciplinare del Csm, che ha così accolto le richieste del sostituto procuratore generale della Cassazione, Mario Fresa.
Per la ex presidente delle Misure di prevenzione del tribunale di Palermo è arrivata dunque la sanzione disciplinare più severa. La Saguto era finita sotto processo a Caltanissetta, accusata di aver dato vita a un vero e proprio sistema che, secondo i pm, avrebbe consentito una gestione molto disinvolta dei beni confiscati alla mafia attraverso una rete di amministratori giudiziari scelti tra familiari e amici. Capi di imputazione che saranno valutati a processo. Nel frattempo il Csm ha chiuso il procedimento a suo carico per le violazioni disciplinari.

La decisione su Silvana Saguto è arrivata dopo che negli ultimi mesi una serie di udienze erano state rinviate, perché lei aveva presentato altrettanti certificati medici senza mai presentarsi a Palazzo dei Marescialli. Il 22 febbraio, dopo l'ennesimo slittamento, il Csm le aveva dato la possibilità di utilizzare una videoconferenza dal tribunale di Palermo, consentendole un altro mese di tempo. Si arriva così ad oggi, quando Saguto non si è presentata in udienza e ha deciso di non avvalersi della videoconferenza, chiedendo un altro rinvio dal momento che «non intende rinunciare alla facoltà di rendere dichiarazioni spontanee», ha detto Eleonora Savio, avvocato che in sostituzione di Giulia Bongiorno l’ha rappresentata di fronte alla disciplinare.
Istanza respinta dal Csm, che ha ritenuto non sussistesse il legittimo impedimento. Dura la requisitoria del sostituto Procuratore generale della Cassazione Mario Fresa: "Sono mesi che la Saguto non consente di proseguire né il suo né gli altri procedimenti collegati. L’ultimo certificato medico non dice sulla di nuovo ed è datato 21 marzo: oggi è il 29. La Saguto sta tentando si sottrarsi al giudizio per evitare l’onta della sanzione». Ma la sanzione è arrivata, ed è la più dura.

7 marzo 2018«Ogni settimana, andava nei ristoranti più costosi della città e della provincia, ma anche oltre, nel Messinese. E poi in negozi esclusivi: Hermes, Gucci, Louis Vuitton».

L’agente di scorta Achille De Martino racconta la bella villa della giudice Silvana Saguto, accusata di aver gestito in maniera allegra i beni sequestrati alla mafia.
«Quando scoppiò il caso con le perquisizioni, nel settembre 2015, io non ci credevo - premette l’assistente capo della polizia che ha scortato la giudice Saguto dal 2004 al 2016, rispondendo alle domande del pm Maurizio Bonaccorso - per me era una giudice integerrima. Ma poi anche io ho iniziato ad avere dei sospetti».

E giù con una lista di spese “esorbitanti”: «Molte erano per i figli», spiega il poliziotto nell’aula del tribunale di Caltanissetta. «Il figlio Elio si era inizialmente iscritto alla facoltà di Medicina di Varese, poi passò a Roma dove andò ad abitare in un costoso residence con piscina e campo da tennis. E quando tornò a Palermo, prese in affitto la casa del figlio del dottore Natoli, in un altro residence di Mondello, pure questo con piscina e campo da tennis».

Dopo l'avviso di garanzia per la madre, il figlio tornò a casa dei genitori. E anche la giudice iniziò a ridimensionare le spese: «Ad esempio, non andava più nel parrucchiere più costoso, ma in un centro commerciale. E non comprava più dolci da Costa se andava a cena da amici, ma faceva la torta in casa».
http://palermo.repubblica.it/cronaca/2018/03/07/news/_cene_regali_viaggi_e_negozi_di_lusso_l_agente_di_scorta_svela_la_bella_vita_della_saguto-190710931/

30 ottobre 2016 - E' un vero e proprio sistema, teso all'arricchimento illecito, tramite una rete di favori, quello scoperto dalla Procura di Caltanissetta nelle indagini sul magistrato Silvana Saguto, "papessa" dei beni sequestrati a Palermo, ex presidente della sezione Misure di Prevenzione del capoluogo siciliano.

La Saguto era molto cosciente dei suoi poteri, tanto che aveva deciso di mettere mano su tutti i beni sequestrati di importanza tra Palermo, Trapani, e Agrigento. Chiamava questa mezza Sicilia "il triangolone". Piazzava giudici e amministratori di fiducia - come emerge dalle indagini della procura di Caltanissetta e del nucleo di polizia tributaria di Palermo, che ieri hanno fatto scattare un sequestro di beni da 900mila euro per la Saguto-.

Dentro questa inchiesta c'è di tutto, compresa l’ex prefetto di Palermo Francesca Cannizzi che puntava a sistemare il nipote di un suo collega in un’altra amministrazione giudiziaria. I punti di riferimento del "sistema Saguto" erano da un lato Cappellano Seminara e dall'altro lato Carmelo Provenzano, giovane docente dell'Università Kore di Enna.
Quest'ultimo aveva avviato una vera e propria parentopoli nella gestione dei beni sequestrati. E così la moglie, psicologa, Maria Ingrao, era stata incaricata di gestire un’azienda di surgelati sequestrata alla mafia. La cognata, Calogera Manta, professoressa di Lettere, si occupava di alcuni immobili dei boss. Hanno intascato dei compensi con un incarico per il quale non avevano neanche il titolo e non facendo comunque nemmeno un giorno di lavoro. Così come il cugino della moglie Giuseppe Ingrao, e la moglie Maria Lia Mantione, assunti nel gruppo surgelati Vetrano.

Diversi gli episodi emersi passando al setaccio le oltre cinquanta amministrazioni giudiziarie finite nel giro della Saguto. Un caso singolare, che era già emerso e che trova ulteriore conferma: Saguto faceva la spesa gratis nei supermercati Sgroi, sotto sequestro, imponendo all'amministratore giudiziario di pagare 12mila euro di debiti da lei fatti.

Ancora, le tracce di un «accordo criminoso» fra la Saguto e Francesca Cannizzo, ai tempi prefetta di Palermo, oggi indagata per il reato di concorso. La Cannizzo voleva sistemare il nipote di un ex collega prefetto nell'amministrazione giudiziaria dell'Abbazia Sant'Anastasia e avrebbe fatto pesanti pressioni all'amministratore giudiziario "con modi bruschi e pressanti", scrivono i giudici.

Nel 2015 la sezione Misure di Prevenzione è attraversata dalle prime polemiche. La Saguto chiede aiuto al collega Tommaso Virga, e in cambio però è costretta a nominare il figlio Walter, giovane e inesperto avvocato, niente di meno che a capo dell'impero dei beni sequestrato alla famiglia Rappa. Una scelta infelice, dato che la Saguto, intercettata, si lamenta con il colonnello Rosolino Nasca della Dia:
Un ragazzino da niente, oppure una mezza sega.
Un architetto ha raccontato di aver consegnato una tangente di ventimila euro a Cappellano Seminara, soldi che poi sarebbero finiti alla Saguto, che stressava Seminara con una continua richiesta di soldi per le troppe spese che faceva (ad esempio c'era una scopertura con l'American Express di 10.000 euro). Il testimone è Giuseppe Caronia, che ha confermato che per parlare di tangenti utilizzavano la parola "documenti". Si è incontrato di sera in piazza con Cappellano, è salito sulla Mercedes bianca, e gli ha consegnato 20.000 euro tutti in banconote da 50 euro.
Un'altra mazzetta da 15.000 euro sarebbe stata consegnata a Silvana Saguto da Carmelo Provenzano, che era una assiduo frequentatore di casa sua, nell'agosto 2015.

Silvana Saguto, sostiene l'accusa, aveva trasformato “il servizio pubblico di tutela in un privilegio privato”. Tra i reati che i pm di Caltanissetta ipotizzano ai danni della ex presidente della sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo c'è anche l'abuso d'ufficio. Basta leggere le dichiarazioni raccolte dai finanzieri della Polizia tributaria di Palermo per rendersi conto che nella migliore delle ipotesi ci si trova di fronte ad un malcostume diffuso fra autorità e personalità. Gli uomini delle scorte allargano le braccia e ammettono di subire una sudditanza psicologica.

La Saguto fino a pochi mesi fa godeva di una protezione di terzo livello: viaggiava a bordo di una Lancia Thesis blindata con autista giudiziario e doppia tutela, e un sistema di vigilanza generica radio-collegato all'abitazione. Terzo livello confermato anche a metà maggio scorso, quando lo scandalo era già esploso. A metà settembre il Ministero dell'Interno, raccolte le informazioni del Comitato per l'ordine e la sicurezza convocato in Prefettura a Palermo, ha deciso che per garantire la sicurezza della magistrata sospesa dall'incarico si poteva scendere a livello IV che prevede una protezione depotenziata.

La legge è chiara: sulla blindata non possono essere trasportate persone diverse dal magistrato, fatta eccezione, in casi assolutamente straordinari, per gli stretti congiunti e conviventi. Deve essere il capo scorta a valutare la necessità “di contemperare due interessi configgenti: garantire la sicurezza della personalità scortata e cercare di non limitare la libertà individuale”. Nel caso della Saguto, però, la magistrata avrebbe scambiato la scorta per un servizio taxi da utilizzare per se stessa, per i parenti e per gli amici. Che venivano prelevati a casa e accompagnati in giro per la città.
Senza contare, scrivono i pm nel decreto di sequestro, tutte le volte in cui la Saguto chiedeva agli agenti di sbrigare faccende che nulla avevano a che fare con il loro compito: dall'acquisto dei ricci per la pasta al roast beef, dal ritiro delle ricette dal medico, alla consegna di frutta all'amica ex prefetto di Palermo, Francesca Cannizzo; dal mangime per il cane al ritiro delle scarpe dal calzolaio.

In molti casi, come loro stessi hanno ammesso, gli uomini di scorta si turano il naso. È più agevole sbrigare le faccende per conto di una magistrata piuttosto che attivare il servizio di sicurezza per accompagnarle. Cosa diversa è quando, ad esempio, la Saguto chiedeva loro, anche questo è accaduto, di accompagnare due amiche a casa dopo avere trascorso insieme la serata del Festino; oppure quando la blindata veniva utilizzata per ritirare un cestino in argento nella residenza della prefetto per portarla dal fioraio. Per questo genere di cose, sottolineano i pm, esistono i taxi, quelli veri e a pagamento, oppure i mezzi pubblici.

Leggendo le testimonianze degli uomini scorta del magistrato viene fuori un quadro sconfortante. Hanno ammesso di essersi ”adeguati ai desiderata di Silvana Saguto” per la sudditanza psicologica nei suoi confronti". “Vedevamo l'influenza e i rapporti privilegiati che aveva con i prefetti che nel tempo si sono succeduti, con i vertici di tutte le forze di polizia e con gli altri magistrati", hanno raccontato, denunciando il malcostume.
La paura di essere trasferiti, dunque, li avrebbe costretti a tacere di fronte allo svilimento della loro professionalità, fino alla trasformazione del servizi di tutela in un “privilegio privato”.
Ciao prof, grazie di tutto, qua però tu ogni volta mi mandi un mercato, è un'esagerazione
scriveva Silvana Saguto a Carmelo Provenzano, professore della Kore di Enna e amministratore giudiziario. La magistrata aveva appena ricevuto i prodotti di un'azienda affidata dal collegio per le Misure di prevenzione alla gestione di Provenzano che dava indicazioni a un suo collaboratore. Sul furgone bisognava caricare “pesca tabacchiera, ananas, pomodoro” per portarli “davanti alla scuola”. Si trattava dell'istituto di fronte l'abitazione della magistrata. Qualche giorno dopo fu la volta di “due cassette di fragole e due di ciliegie”.
Provenzano avrebbe voluto inviare alla ex presidente anche dei “dolcini, sono molto buoni”, ma la Saguto, che si trovata a casa della prefetto Francesco Cannizzo, preferiva mantenersi leggera. “Ora li faccio arrivare dalla prefetto”, diceva Provenzano. L'amministratore si faceva in quattro per accontentare le richieste che provenivano da casa Saguto: “per, fragole e fichi” per la torta di compleanno della magistrata.

“Silvana Saguto e i suoi familiari non erano tuttavia gli unici destinatari - annotano i finanzieri della Polizia tributaria nella relazione consegnata ai magistrati di Caltanissetta che coordinano le indagini -, infatti anche la prefetto di Palermo accettava per sé e per i propri familiari la frutta e la verdura inviate da Provenzano". 
L'amministratore che gestiva l'immenso patrimonio Acanto era disposto ad assecondare anche richieste in trasferta, magari per “amici, nipoti, figli” della ex prefetto Cannizzo. Che ringraziava:
Tu sei sempre affettuoso, i nipoti abitano vicina Catania.
L'amministratore, chiusa la conversazione con la ex prefetto, incaricò un suo collaboratore di “selezionare delle cose molto buone”. Poi, inviò alla Cannizzo un sms con la lista dei prodotti “in partenza”. La Cannizzo, “dopo un'iniziale e debole resistenza” gli dava l'indirizzo. A Catania furono recapitate cassette di pesche tabacchiere, ananas, meloni, pomodori verdi di Balestrate e altro.
L'11 giugno, la Cannizzo inviava, un sms a Provenzano ringraziandolo “per il dolce pensiero”.

I vestiti di Gucci, Louis Vuitton ed Hermés. I dolci del bar Costa e le cene a I pupi di Bagheria e al Bye Bye Blues a Mondello e in via principe di Belmonte. I gioielli del negozio di via Mazzini, Geraci, per la maggior parte dei regali destinati ad amici e parenti. «Insomma, regali di un certo spessore».
A raccontarlo durate l’interrogatorio del 28 ottobre 2015 è Achille De Martino, agente di scorta della giudice Silvana Saguto da più di 15 anni. Uno di famiglia, in un certo senso. E che, infatti, della famiglia Saguto-Caramma ha raccontato parecchie cose in questi mesi al vaglio dei magistrati della procura di Caltanissetta nell'inchiesta sulla gestione dei beni tolti alla mafia da parte della ex presidente della sezione Misure di Prevenzione del tribunale di Palermo.

Secondo i racconti dell'agente di scorta, ognuno dei cinque membri della famiglia Saguto-Caramma aveva un’automobile, una motocicletta e, in alcuni casi, anche uno scooter. Tranne la giudice Saguto che aveva l’auto di scorta.
Eppure, moglie e marito si lamentavano spesso. «Da parecchi anni a questa parte lei si sfogava in macchina stando al telefono con le amiche. Lamentava il fatto che ci fossero dei problemi economici - continua l’agente - Ma, da quello che vedevamo, tutta questa difficoltà non c’era proprio». Non si spiegherebbe, altrimenti, lo stile di vita condotto anche dai figli della coppia. Uno in particolare, il più piccolo dei tre.

«Mi costa un capitale», dicevano spesso entrambi i genitori. «Gli sembra che l’aereo è come il pullman o l'autobus», scherzavano anche i fratelli.
All'inizio, infatti, studiava medicina al Nord Italia e ogni settimana tornava in visita a Palermo. Poi si trasferisce a Roma, dove i genitori gli affittano un appartamento in un residence con piscina. Ma anche l’esperienza di studi romana si chiude e il giovane decide di diventare chef: «Ha fatto parecchi corsi, che hanno dei costi. E poi tutta l’attrezzatura da cucina», dice De Martino.
Infine, il ritorno a Palermo e l’affitto di un altro residence con piscina a Mondello. E poi i viaggi, sia in estate che in inverno, e le bollette salate. «Non sono ragazzi che sanno limitarsi nelle spese. Insomma, il tenore era alto», aggiunge l’agente.

Tutto a un tratto, però, le spese - pagate con carta di credito - si sarebbero ridotte drasticamente. Dal 9 settembre 2015, giorno della perquisizione a casa della coppia Saguto-Caramma, sarebbe iniziata l’epoca dei contanti. «Ancora siamo a niente, forse è un segnale di calmarci - dice il marito alla moglie perplessa - La vita che conduciamo, Silvana, è una vita assurda, non c’è bisogno che te lo dica io».
Come fanno notare i magistrati, le uscite - tra bonifici, prelievi e addebiti su carta - non vengono mai colmate dalle entrate. Non da quelle ufficiali, almeno, che consistono nello stipendio di lei di 5.500 euro come magistrato, e quello del marito di 1.200 euro come insegnante del Cnos.

Dall’analisi della documentazione bancaria, infatti, emerge che dal gennaio 2006 al novembre 2015 Lorenzo Caramma percepisce da Cappellano Seminara oltre 750mila euro. Tutti soldi provenienti da conti intestati all'avvocato o da società sotto sequestro e da lui gestite. Ma Caramma, a cui viene contestato il concorso eventuale nella corruzione, non sarebbe che un tramite attraverso il quale l’avvocato faceva arrivare alla giudice i soldi. In diversi modi, secondo i magistrati: dalle anticipazioni di ingenti somme per prestazioni non ancora o mai svolte, a duplicazioni di pagamenti già effettuati, passando per pagamenti in eccesso rispetto ai compensi liquidati dai tribunali di riferimento.
Gli indagati avrebbero tratto un vantaggio economico anche facendo in modo che alcuni compensi risultassero pagati solo a metà. Sarebbe il caso, ad esempio, della cosiddetta procedura Spadaro, per la quale il 23 giugno 2015, secondo quanto depositato dalla stessa giudice Saguto, risultavano pagati solo 75mila euro di compenso a fronte di un totale lievitato fino a 100mila.

In ogni caso, che il rapporto fra Cappellano Seminara e la giudice Saguto fosse stretto non sembra essere un mistero almeno per chi è stato vicino alla magistrata. «Da quando la dottoressa è diventata presidente, gli incontri fra loro sono diventati frequenti», torna a dire De Martino.
E anche le telefonate sarebbero diventate una routine. «A volte mi sembrava quasi come se lei stesse facendo una sorta di rapporto a un superiore. Gli riferiva tutto - prosegue l’agente - Raccontava gli esiti degli incontri con la prefetto, con Rosy Bindi e con la Commissione antimafia».
Non sarebbero mancate, poi, le confidenze personali da parte della giudice, specie quelle sui problemi economici della famiglia:
Sono disperata, non ce la posso fare più - dice la Saguto, intercettata il 15 giugno 2015, a Cappellano Seminara - Noi non abbiamo più un introito e quello che ho io non basta a pagare le rate, quindi noi siamo rovinati, significa che io dovrei vendermi la casa. Vengono le persone e non le ascolto neanche, sono veramente provata.

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