7 novembre 2014

Messico: Paese di "femminicidi"?.. Ecco l'altra verità taciuta dai media

3 febbraio 2010

L’ultima foto della famiglia Arellano Felix che circola risale agli anni ’90. Allora c’erano ancora tutti, e tutto era ancora come doveva essere. Al comando gli uomini. E tutti in Messico avevano paura di loro. Gli Arellano, i più potenti, i più ricchi. Il narcotraffico nelle loro mani, il controllo loro, lo avevano anche fuori dal Messico, in America, in Europa.
Le donne erano lì, a fare da cornice, ognuno il suo ruolo, preciso, statico, immobile: la mamma, le mogli e lei, la sorella. Enedina. Nella foto è lì, seduta accanto alla madre, al suo posto. Unghie lunghe laccate di rosso, rossetto e orecchini vistosi.
Sono passati più di vent’anni, la famiglia Arellano è ancora al potere, più forte di prima, ma al comando c’è lei: Enedina, la figlia femmina degli Arellano, quella su cui nessuno avrebbe puntato, quella che quando era piccola i parenti le regalavano bambole e cucine di plastica, quella mandata a studiare all’università, quella che si sarebbe sposata un buon partito e avrebbe fatto la sua vita più o meno lontana dal narcotraffico. E invece no. Ci sono stati molti imprevisti nella famiglia Arellano.
I fratelli hanno avuto poca fortuna con l’Interpol sempre alle costole. Prima è stato il turno del fratello Ramon, ucciso dalla polizia in un agguato, poi la cattura dell’altro fratello Benjamin. Restava Francisco detto «La tigre», ma su di lui la famiglia si era già espressa: inadatto a fare il narcotrafficante di serie A. Troppo esibizionista e tossicodipendente. Si era montato la testa, andava in giro per Tijuana a dire che presto o tardi sarebbe toccato a lui diventare il capo. La famiglia allora non ha potuto fare altro che mandarlo in un’isola lontana.
Enedina sembrava la soluzione di riserva, è diventata l’asso nella manica dei narcotrafficanti. Lei era la figlia studiosa, la prima della classe, laureata a pieni voti in contabilità in una prestigiosa università messicana. Enedina si è fatta strada ed è diventata la capa indiscussa di una delle organizzazioni criminali più violente del mondo.
Lei si è presa il potere, lo ha gestito. Ha controllato i conti, e così come faceva quando era all’università, si è data da fare, si è messa d’impegno, ha studiato le rotte, i mercati della droga, ha preso accordi, ha stretto alleanze importanti.
Oggi Enedina è tra le donne più ricercate non solo del Messico ma del mondo. Ha messo a frutto i suoi studi, grazie alla sua laurea in contabilità riesce infatti a mettere perfettamente insieme tecnica e spietatezza. Controlla il cartello di Tijuana, gestisce il traffico di droga in tutta la costa ovest degli Stati Uniti e da due anni è in guerra con il Cartello di Sinaloa per il controllo del ricchissimo mercato americano.
Chi la conosce dice che Enedina comanda a ritmo dei suoi tacchi, sempre altissimi. Si sveglia presto la mattina e va in ufficio a controllare i conti. Nel giro della mala la apprezzano soprattutto per il suo modo rivoluzionario nella gestione del crimine.
Enedina è un capo discreto, efficiente e ottima amministratrice, potente e spietata. Non è stato facile per lei inserirsi, all’inizio anche i suoi la guardavano con sospetto. «Un paio di mesi, dicevano e poi ce la togliamo di mezzo». E invece no. Enedina resiste e si fa temere. Oggi Enedina non si fa intimidire da nessuno. Anzi, sbagliano i nemici che quando la guardano vedono una donna. No, lei è una potentissima e senza scrupoli. Se deve, dà ordine di uccidere senza risparmiare nessuno. A dimostrarlo, la guerra con il cartello di Sinaloa, dove si contano già più di duemila morti.
«Enedina Arellano è al comando per necessità - spiegano dall’Interpol. La famiglia doveva in qualche modo mantenere il controllo e non restava altro in famiglia che lei».
www.ilgiornale.it/esteri/lex_studentessa_modello_diventa_regina_droga_mondiale/03-02-2010/articolo-id=418768-page=0-comments=1

17 agosto 2010
http://elcomercio.pe/noticia/624870/bellas-asesinas-carteles-droga-mexico-contratan-hermosas-mujeres-como-sicarios

Le assassine stipendiate hanno tra i 18 e i 30 anni, secondo rivelazioni di un membro dell’organizzazione conosciuta come “La Linea”. Il Cartello di Juarez recluta ed addestra decine di giovani e belle donne per uccidere, come sicari, secondo quanto rivelato da un pistolero dell’organizzazione.
“Sono belle, adolescenti carine, per imbrogliare i nemici”, secondo quanto dichiarato alla Segreteria di Sicurezza Pubblica Federale. Questa banda dispone tra 20 e 30 donne, di solito “belle” e tra i 18 e 20 anni, addestrate ad uccidere, secondo il pistolero Rogelio Amaya. “La maggioranza sono adolescenti”. Sono addestrate da altri membri dell’organizzazione sul campo di operazione. Loro “accompagnano gli altri sicari” quando realizzano atti criminali, ha rivelato Amaya.
Le belle assassine “hanno già compiuto diversi lavori”, ha aggiunto, ed ha spiegato che lavorano come gli uomini: vanno in auto e “portano armi corte e lunghe”; “sono accompagnate da uomini, loro scendono per fare il lavoro”, ha affermato Amaya. Queste donne formano parte dei “commandos” de “La Linea”, che è in guerra con i sicari del cartello di Sinaloa per il controllo della città di Juarez, il traffico di droga, armi e soldi.

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13 settembre 2010 - La superpoliziotta americana era uno spietato boss del narcotraffico messicano
Lo strabiliante traffico di stupefacenti da parte dei cartelli messicani attraverso il confine con gli Stati Uniti per far arrivare la droga ai destinatari a nord del confine ha scoperto tattiche da guerra fredda per le loro operazioni.
I narcos corrompono agenti doganali, poliziotti e sorveglianti con cifre irresistibili per rifornire costantemente il fiorente e lucrativo mercato nordamericano,
La storia di Martha Garnica è esemplare, Doppia vita. Al confine dalla parte americana era l’agente Garnica, con anni di anzianità. Tolta l’uniforme diventava ”la Estrella”, la stella, una bellezza dai tratti volgari che aiutava i cartelli a prendersi gioco dei suoi ”colleghi” al confine.
La Garnica elaborava codici segreti, faceva passare mazzi di banconote attraverso i finestrini delle macchine, forniva mappe ai contrabbandieri che così potevano far entrare negli usa droghe e immigrati clandestini. Per questo suo lavoro La Estrella era compensata lautamente. Viveva in una spaziosa villa con piscina, possedeva due Hummer e trascorreva le vacanze in Europa.
Per anni, fino a quando un’operazione di polizia doganale in collaborazione con l’Fbi alla fine del 2009 l’ha fermata, la Garnica ha impersonato il ruolo, di cui si parla poco, che gli stessi Stati Uniti svolgono nel traffico di droga. Ma si è compromessa usando i suoi stessi metodi: un agente doganale si è lasciato corrompere e poi l’ha tradita.
I cartelli messicani sempre più si affidano a complici Usa in posizioni chiave come Garnica per raggiungere il loro enorme mercato nordamericano. E’ questo spesso argomento di discussione tra funzionari statunitensi e messicani, con quest’ultimi che affermano che tutta l’attenzione verso la corruzione messicana oscura un simile e crescente problema dalla parte americana del confine.
”Per poter continuare le loro operazioni”, dice Thomas Frost, vice-ispettore generale nel dipartimento della Homeland Security, ”le organizzazioni di trafficanti devono trovare sistemi diversi per fare arrivare a destinazione la droga, e il metodo più sicuro è di corrompere una agente doganale. Poi, la quantità di denaro disponibile per comprare gli agenti è sbalorditiva”.
Alla fine di agosto la doppia vita di Garnica ha avuto termine. Il giudice David Briones l’ha condanata a 20 anni di prigione dopo che si è dichiarata colpevole di tutte le accuse a suo carico. Il pubblico ministero ha detto che La Estrela era una preziosa pedina peril cartello di trafficanti La Linea, basato a Ciudad Juarez, e che dirigeva i movimenti di cinque uomini, di cui quattro sono morti ed uno è in prigione.
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3 gennaio 2011

Gabriela Elizabeth, donna dai tratti delicati e dallo sguardo intenso, era stata ribattezzata “la pieliroja”, per la sua capigliatura rosso fuoco. Era di buona famiglia, parente di alcuni noti commercianti di Linares, nello stato del Nuevo León.
A seguito di un divorzio si legò a un narco del famigerato gruppo dei Los Zetas, per poi decidere di mettersi in proprio alla testa di una sua banda di diciassette persone, specializzati in rapine e rapimenti. Perfino alcuni dei suoi stessi parenti furono sue vittime. Arrestata nel luglio del 2009, il 27 dicembre era scappata in modo spettacolare: trasportata in ospedale su una vettura della polizia, l’automobile era stata assaltata da un gruppo di uomini armati che l‘avevano portata via.
Ma la supposta liberazione si è rivelata come un sequestro esattamente identico a quelli che lei stessa praticava, quando l’ultimo giorno dell’anno il suo corpo seminudo è stato trovato impiccato a un ponte nella città di Monterrey. Su una spalla e sul petto c’era scritto il nome “Yair”. I capelli rossi erano diventati completamente bianchi.fonte

14 febbraio 2011La pupa del boss parte attiva in tre sequestri di persona
CITTA’ DEL MESSICO – Dovrà passare 60 anni nelle prigioni messicane Florence Cassez, cittadina francese riconosciuta colpevole di di tre sequestri di persona e di possesso d’armi. Per la giustizia messicana la Cassez è a tutti gli effetti un membro della banda malavitosa “Los Zodiaco”.
Il 14 febbraio, infatti, il tribunale di Città del Messico ha respinto il ricorso della Cassez, confermando la sentenza di primo grado. Con questa conferma, di fatto, finiscono le possibilità di ricorso per la cittadina francese.
La vicenda della Cassez è stata al centro di un vero e proprio scontro diplomatico tra Francia e Messico. Nei giorni scorsi, infatti, il presidente Nicolas Sarkozy aveva chiesto al collega messicano Felipe Calderon che Florence Cassez venisse trasferita a Parigi, come previsto dalla Convezione di Strasburgo. Secco, però, il ”no” del presidente messicano.
Quando la Cassez ha presentato l’ultimo ricorso, infatti, sono scese in campo diverse Ong messicane, chiedendo al presidente Calderon di non cedere alle pressioni politiche.
La Cassez si è sempre dichiarata innocente (e parte dell’opinione pubblica francese ne è convinta) ma i giudici messicani hanno definito “infondati” gli argomenti esposti dai suoi legali. La donna, spiegano i giudici, è stata arrestata “perché era in possesso di un’arma” e perché quando subito dopo è stata perquisita la sua casa “sono state trovate ammanettate le persone sequestrate” dalla banda di cui faceva parte.
La francese ha sempre detto di essere coinvolta solo perché fidanzata col capo della banda. A smentirla, spiega la Bbc, sono però i racconti degli ex prigionieri che hanno parlato di un “ruolo attivo” ricoperto dalla Cassez nei sequestri.

14 settembre 2011 - Arrestata Barbie-Bonbon, boss dei narcos
Veronica Mireya Moreno Correon. O più semplicemente La flaca, la magra. Nel 2009, quando faceva la poliziotta nel comune di San Nicolas (Messico) era rimasta ferita in una sparatoria: le avevano dato un encomio e una ricompensa in denaro. Probabilmente non bastava. Due anni dopo la Marina l’ha catturata durante un’operazione anti-droga. Veronica La flaca era diventata la responsabile della “piazza” per conto dei Los Zetas, uno tra i più agguerriti cartelli della droga. Sulla sua auto hanno trovato una pistola, dosi di droga e sei telefonini. Con lei hanno arrestato un complice, Josè de Jesus Molina, detto Mister Chip: un nome di battaglia legato alle sua capacità.
Per le autorità ha gestito una delle reti di comunicazione dei Los Zetas. Un network sofisticato che va ben oltre i semplici cellulari o le piccole ricetrasmittenti. La duplice cattura rappresenta una doppia conferma. La prima è che nel mondo machista dei narcos messicani cresce il ruolo delle donne. E non solo con compiti di supporto.
Ci sono molte sicarie al servizio dei trafficanti, spesso giovanissime. Le addestrano in speciali campi – uno è stato smantellato di recente a Zacatecas – e le mandano in missione. Alcune si sono già fatte un nome, o meglio un soprannome, come Barbie-Bonbon; o, per la leader dei Los Zetas nella regione di Cancun, Erika Magana: Comandante Stella. A Tijuana, invece, agisce La burro, una donna che guiderebbe un gruppo di assassini vicini al potente cartello di Sinaloa.
www.corriere.it/esteri/11_settembre_13/olimpio-cattura-la-flaca_621ea450-ddde-11e0-aa0f-d391be7b57bb.shtml

7 novembre 2014
43 studenti desaparecidos per ordine della Regina di Iguala














Una classe di studenti messicani è sparita nel nulla dal 26 settembre 2014. Ci sono fondati motivi per temere che siano stati ammazzati.
È stata arrestata la prima sospettata, che si era data alla fuga: María de los Angeles Pineda, la ex “regina di Iguala”. Formalmente aspira alla carca di sindaco e gestisce una associazione a tutela dei minori; ma, come tante, è solo una copertura: la Pineda è una narco-trafficante del cartello dei Guerrero Unidos.
Per evitare che gli studenti interrompessero con le loro proteste un suo discorso a favore dei bambini, la Pineda ordinò che fossero fatti tacere; risultato: 6 studenti morti in uno scontro a fuoco, alcuni feriti riusciti a scappare, 43 scomparsi.
Quando Boko Haram in Nigeria rapì ragazze si mobilitò il mondo; ora 43 ragazzi scompaiono in Messico ed a nessuno interessa, la notizia è quasi sconosciuta. Sono quasi tutti maschi e occorre far credere che il Messico sia il paese del femminicidio.

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