2 agosto 2018

Messina - Sono le donne le più corrotte in politica


Messina scossa dall’arresto di Emilia Barrile, ex presidente del Consiglio comunale, e dall’esecuzione di altre 12 misure cautelari nei confronti di altrettanti soggetti accusati, a vario titolo, di aver “piegato” la pubblica amministrazione ai propri interessi.
I dettagli dell’operazione “Terzo livello” tracciano un quadro sconcertante di una parte della scena politica e imprenditoriale peloritana:
Le indagini – come si legge nella nota del GIP per motivare gli arresti domiciliari – rivelano la consuetudine della Barrile allo sfruttamento del potere di influenza che deriva dal ruolo pubblico per esercitare pressioni su dirigenti e funzionari del Comune per garantire il pronto soddisfacimento di interessi privati facenti capo a un ristretto gruppo di imprenditori cittadini a lei collegati da un inquietante logica del do ut des.
L’arresto dell’ex presidente del Consiglio comunale di Messina assume tratti ancora più scuri nelle righe seguenti dove si legge che la Barrile operava con questi metodi “con prospettiva di ritorno sia elettorale che di assunzioni di parenti vicini presso attività imprenditoriali”.
Associazione a delinquere, abuso d’ufficio, atti contrari ai doveri d’ufficio e violazione dei doveri di imparzialità nei confronti della pubblica amministrazione: queste le accuse per le quali sarebbe indagata Emilia Barrile.
Alla base dell’operazione, denominata “Terzo livello”, un’attenta indagine della Procura che ha svelato l’esistenza di un comitato d’affari che gestiva la cosa pubblica per fini privati.


Emilia Barrile nel 2013 fu eletta presidente del consiglio comunale nelle file del Pd. Da quel momento la sua vita cambiò:
Mi rendo conto che sono un personaggio un po’ importante a Messina...
parla così la Barrile, mentre viene intercettata dagli uomini della Dia di Messina e Catania, che hanno ricostruito la rete di favoritismi che avrebbe creato proprio grazie ad una chiara presa di coscienza:
Vado negli uffici e le cose me le fanno
così continuava nella stessa conversazione con il suo sodale, quel Marco Ardizzone che negli anni ’90 era stato arrestato per estorsioni, e per questo considerato dagli inquirenti interno al clan di Gravitelli.
Rimasta fuori dal civico consesso alle ultime elezioni, è adesso ai domiciliari, coinvolta in un’indagine in cui figurano anche avevano dichiarato di aver cercato voti per conto di Genovese.
Secondo le indagini della Dia, il servizio di parcheggio allo Stadio San Filippo affidato alla società dei Pernicone [Angelo e Giuseppe, padre e figlio, sono stati condannati, in abbreviato - sentenza passata in giudicato - per scambio di voti, e nel processo ordinario sono imputati per associazione mafiosa] era stato agevolato dalla presidente.
Ma la sua capacità d’influenza della macchina amministrativa avrebbe raccolto scambi di favore, in cui sono coinvolti imprenditori e amministratori. In carcere è finito Vincenzo Pergolizzi, imprenditore milazzese, soggetto considerato “contiguo alla criminalità organizzata di Barcellona Pozzo di Gotto”.
Una “inquietante logica di do ut des”, in cui la Barrile agevolava – questa è l’ipotesi dell’accusa – pratiche amministrative per ottenere in cambio assunzioni per parenti e consenso elettorale”.
Due società, la "Peloritana Service" e "Universo e Ambiente": la prima ha ottenuto il servizio bar dello stadio San Filippo; la seconda era affidataria del servizio di pulizie dell’Amam. Ed è proprio l’affido dell’Amam che le suscita il dubbio di venire coinvolta in un’inchiesta: per questo, assieme ad Ardizzone, preparava la reazione:
Se ti ferma un giornalista, se ti riprende una telecamera tu devi fare la faccia proprio schifo…

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