6 febbraio 2019

Francia - Donna dà fuoco a un palazzo: 10 morti

"Quando l'ho incrociata mi ha detto 'buona fortuna'. E ha aggiunto che sono un pompiere e quindi le fiamme mi sarebbero piaciute...": è sotto shock il giovane preso di mira dalla squilibrata che stanotte ha dato fuoco a un palazzo nell'elegante XVI arrondissement di Parigi.
Per vendicarsi di lui, la donna - che da appena una settimana era stata dimessa da una clinica psichiatrica - ha dato fuoco all'edificio di 8 piani provocando la morte di 10 persone, fra cui un bambino e il ferimento di altre 32, fra cui 8 pompieri.
In piena notte, mentre 200 pompieri lottavano contro le fiamme, con scale ed elicotteri riuscivano a salvare una cinquantina di abitanti del palazzo, portandone via alcuni dal tetto dove si erano rifugiati, Essia Boulares - questo il nome della squilibrata - ubriaca, tentava di appiccare ancora il fuoco a tutto quello che le passava davanti, un cassonetto, poi un'automobile. E' in quello stato che i poliziotti l'hanno vista e l'hanno arrestata.
Quarantuno anni, la donna - che abitava una casa popolare a prezzo di favore in un palazzo residenziale - era reduce da 5 anni di cure psichiatriche. E soltanto da una settimana, il centro di malattie mentali più noto a Parigi, l'ospedale Saint-Anne, l'aveva lasciata uscire. Senza particolari accorgimenti di vigilanza sul suo comportamento.

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14 gennaio 2019

Grosseto - Lo stupro se l'era inventato

Non è stato stupro e si è inventato tutto la cittadina grossetana che, la mattina del 7 gennaio, aveva dichiarato di aver subito una violenza fisica nella zona industriale di Grosseto da parte di soggetti non identificati mentre si stava recando a lavoro.
L'aggressione, quindi - considerata in principio reale, poi presunta - non è mai esistita e questo è stato possibile rilevarlo in seguito alle attente e approfondite indagini degli inquirenti, che hanno evidenziato alcune difformità tra l'accaduto e la ricostruzione della giovane.
Quanto emerso è stato riportato in una nota rilasciata dal procuratore di Grosseto Raffaella Capasso:
L’intensa e serrata attività investigativa diretta dalla Procura e condotta dai Carabinieri di Grosseto, in relazione alla denuncia di patita violenza sessuale ad opera di ignoti, sporta da una giovane donna la mattina del 7 gennaio scorso a Grosseto – riporta - ha evidenziato numerose e concrete incongruenze rispetto alla versione fornita dalla presunta vittima. La stessa giovane, posta di fronte al quadro degli elementi raccolti, ha ammesso che l'aggressione a sfondo sessuale non è in realtà mai avvenuta. Le indagini proseguono per definire nel dettaglio i contorni della vicenda.

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28 dicembre 2018

Prato - La presidente coop intascava la metà della retta per i migranti

Tutto è partito da una segnalazione di residenti che hanno visto gli ospiti dei centri di accoglienza rufolare tra l’immondizia e accendere fuochi per scaldarsi.
E l’indagine della Digos di Prato e Squadra Mobile, terminata il 24 dicembre e diretta dalla procura di Prato, ha portato agli arresti domiciliari Loretta Giuntoli, presidente di Consorzio Astir che gestisce tre cooperative: AstirForma; Verde Mela; Cooperativa Humanitas. Il reato addebitato sarebbe frode nelle pubbliche forniture. La presidentessa è stata accusata anche di minacce verso due dipendenti che volevano denunciare la frode.
Dalle indagini sarebbe emerso che i 35 euro che la Prefettura destinava agli otto Cas (due a Poggio a Caiano, tre a Carmignano e tre a Prato) venivano utilizzati meno della metà e di fatto c’erano carenze nella gestione: anziché tre pasti al giorno solo un pasto a migrante; nessuna pulizia igienica dei locali; nessun riscaldamento.
Ancora non è stato quantificato quanto è stato sottratto rispetto ai 35 euro del contratto stipulato con la Prefettura: in un caso è stato accertato dagli inquirenti essere la metà.

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17 dicembre 2018

Bologna - Senatrice è morosa col condominio per 45mila €, la rabbia dei vicini

La senatrice, Felicia Gaudiano, ha un contenzioso con i vicini e una causa al tribunale di Bologna. Le spese condominiali non saldate, come riporta il Giornale, ammonterebbero a quarantacinque mila euro.
La parlamentare morosa, che è anche membro della Commissione di Vigilanza della Rai, è proprietaria infatti di un appartamento nel quartiere popolare della Cirenaica.
La deputata è morosa per un lascito contestato tra parenti per via di un testamento non gradito dagli eredi. In sostanza, si legge ancora sul Giornale, il debito fa riferimento agli anni in cui la Gaudiano ha avuto il possesso dell’immobile felsineo, che però non aveva un proprietario (o un inquilino) stabile, in grado di coprire le spese condominiali. Importi che negli anni sono lievitati fino ad arrivare, come riporta il Corriere, alla bellezza di 45mila euro.
Come si legge, i condomini hanno ottenuto un decreto ingiuntivo di venticinquemila euro, al quale però la senatrice si è opposta in tribunale. La senatrice, dunque, ha offerto venticinquemila euro, poi venti e infine trenta, da pagare in comode rate mensili da 400 euro: i condomini avrebbero recuperato il credito praticamente in dieci anni. Il condominio ha rifiuto l’offerta, attivandosi per il pignoramento dell’appartamento e dando l’aut-aut: ventimilamila euro entro il 31 dicembre 2018 e altri quaranta entro il 2019. Felicia Gaudiano ha accettato di saldare i debiti.

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11 dicembre 2018

Usa - Due suore rubano 500mila dollari alla scuola e se li giocano al casinò

















Hanno rubato, nel corso degli anni, mezzo milione di dollari dai fondi per la scuola, e, poi, se li sono andati a giocare a un casinò di Las Vegas.
Le due suore protagoniste della vicenda - Sorella Mary Margaret Kreuper e Sorella Lana Chang - sono ree confesse e si sono appropriate di circa 500.000 dollari, appartenenti alla St. James Catholic School di Torrance, in California, per volare ripetutamente a Las Vegas e tentare la fortuna sui tavoli dei molti casinò presenti nella città della perdizione e del gioco.
«Sappiamo che avevano l’abitudine di partire – ammette, con un certo imbarazzo, un legale dell’istituto, come riferisce il quotidiano Press-Telegram, in un recente incontro con le famiglie degli studenti – Sappiamo che frequentavano i casinò e, in realtà, usavano il conto» della scuola «come se fosse il loro conto personale».
L’Arcidiocesi di Los Angeles ha spiegato che il buco da mezzo milione di dollari è stato scoperto durante un controllo di routine nel bilancio dell'istituto. Gli elementi raccolti finora autorizzano a pensare che le due suore abbiano attuato lo schema per almeno un decennio.
Suor Kreuper è stata la preside della St. James Catholic School di Torrance per 29 anni, prima di andare in pensione all’inizio di quest’anno. Era piuttosto nota fra gli studenti per la sua severità: come forma di punizione imponeva agli studenti di camminare lungo una linea retta all’aperto mentre i loro coetanei giocavano durante la ricreazione.
Anche Suor Chang ha abbandonato l’attività accademica dopo aver insegnato per 20 anni in quella scuola californiana.
Monsignor Michael Meyers, pastore alla St. James Catholic School, ha cercato di spiegare che l’ordine a cui appartengono le due suore – le Sorelle di San Giuseppe di Carondelet – sta collaborando alle indagini: «Entrambe le sorelle di San Giuseppe intendono restituire tutto alla St. James School».
La St. James Catholic School di Torrance non sembra intenzionata a formalizzare accuse nei confronti delle sue suore, ma l’Arcidiocesi di Los Angeles da questo orecchio non ci vuole sentire e chiede, invece, che l’inchiesta prosegua.
Ronald Harris, sergente della polizia di Torrance, ha spiegato che i membri dell’Arcidiocesi «desiderano che le accuse vengano portate avanti», probabilmente fino al processo.
I revisori dell’Arcidiocesi, infatti, stanno ancora lavorando per determinare quanti soldi esattamente sono stati sottratti e l’indagine interna potrebbe richiedere settimane per essere completata.


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2 novembre 2018

Cina - Passeggera aggredisce autista e bus finisce nel fiume

In Cina una rissa tra una passeggera e il conducente di un autobus è finita in tragedia. E' costato la via a 13 persone il litigio, per futili motivi, che ha fatto perdere il controllo del mezzo all'autista, il quale non ha potuto evitare di precipitare con il pullman nel fiume Yangtze. 
L'incidente, avvenuto nella municipalità sud occidentale cinese di Chongqing, risale a domenica scorsa. E mentre si cercano ancora due dispersi nel fiume, le indagini hanno chiarito la dinamica dietro la tragedia.
La polizia, grazie alle telecamere a bordo, è riuscita a ricostruire l'incredibile sequenza di fatti innescati dalle proteste di Liu, una donna di 48 anni, che si lamentava perché la sua fermata era stata soppressa a causa dei lavori stradali. Al rifiuto dell'autista, il 42enne Ram, di fermarsi comunque dove lei pretendeva, la donna è andata su tutte le furie facendo degenerare il litigio in una vera e propria aggressione. Nel video si vede chiaramente Liu colpire l'autista sulla testa con il suo cellulare, Ram sollevare la mano dal volante, facendo sterzare violentemente l'autobus, che fuori controllo passa prima nella corsia opposta, urta una macchina, per poi finire la sua corsa nello Yangtze.

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26 ottobre 2018

Milano - Due ragazze denunciano due falsi stupri

Si erano inventate tutto, incolpando alcuni immigrati di averle violentate. Ma quando sono state messe alle strette dagli investigatori, le due quindicenni hanno raccontato la verità.
Sono due i casi di «finto stupro» che negli ultimi mesi sono stati smascherati dalle indagini della Squadra Mobile e della Procura di Milano, coordinate dall’aggiunto Maria Letizia Mannella e dal pm Antonia Pavan.
Dopo mesi di accertamenti da parte degli inquirenti, una delle «vittime», una ragazza di 15 anni, ha ammesso davanti al magistrato che una violenza denunciata lo scorso agosto era solo una bugia, raccontata perché temeva di essere rimasta incinta da una relazione con un diciottenne.
La ragazza ai primi di agosto si è fatta accompagnare dai genitori e dai carabinieri alla clinica Mangiagalli, denunciando di aver subito una violenza «da quattro uomini di colore» in un bosco nell’hinterland milanese. Uno dei quali - descritto con maglia blu e jeans - è stato indicato come autore dello stupro. La visita a cui si è sottoposta al Centro antiviolenza non ha rilevato lesioni evidenti, ma solo un suo stato di «prostrazione e tristezza».
E così sono scattate le indagini con tanto di intercettazioni e acquisizione delle telecamere della zona vicino a quel boschetto che la ragazza aveva indicato. Gli accertamenti sono proseguiti per mesi, fino a quando ieri il pm Pavan, sentendo a verbale la ragazza, all’ennesima risposta poco convincente, le ha intimato: «Non prenderci più in giro». Così la ragazza è crollata. È emerso che si era inventata tutto perché temeva in quel periodo di essere rimasta incinta. Lo stesso ragazzo che frequentava avrebbe cercato di dissuaderla dall’andare avanti nel racconto di fantasia. La ragazza è ora indagata dalla Procura per i minorenni per simulazione di reato.
Indagata anche un’altra adolescente che nei mesi scorsi ha detto di essere stata violentata da un immigrato sempre in un bosco del milanese. Alla squadra mobile ha raccontato, all’inizio, di non avere intenzione di spiegare i dettagli della violenza; poi, nel corso di un sopralluogo a casa sua, ha preso da parte un ispettore e gli ha svelato che lo stupro era solo frutto della sua fantasia. «Mi sono inventata tutto», ha ammesso.
Il motivo, anche in questo caso, risiedeva nel timore di essere rimasta incinta in seguito a un rapporto e di aver contratto qualche malattia. Anche in questo caso l’indagine per violenza sessuale è stata archiviata.

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23 ottobre 2018

Bologna - Falsificò il testamento per risultare unica erede

Il giudice del Tribunale di Bologna, Renato Poschi, ha condannato a 2 anni Simona Volpe per falsificazione di testamento.
Il processo nacque dall’inchiesta sulla scomparsa di Biagio Carabellò, di cui non si hanno notizie dal 23 novembre 2015 e per cui recentemente la Procura ha chiesto l’archiviazione.
L’imputata è un’amica della fidanzata di Carabellò, Elisabetta Filippini, morta nel 2010. La Procura aveva chiesto una condanna a 2 anni e 2 mesi. Volpe era accusata anche della distruzione del testamento olografo, ma in questo caso il giudice ha dichiarato il reato prescritto.
Nel testamento (ora giudicato falso) Simona Volpe, assistita dall’avvocato Anna Vio, era nominata unica erede, ma tre perizie - dei consulenti della Procura, del Ris di Parma e degli esperti nominati dalla parte civile - avevano concluso per la falsità dell’atto.
Le indagini dei carabinieri avevano preso le mosse dall’esposto dei familiari dello scomparso, assistiti dall’avvocato Barbara Iannuccelli, dopo il ritrovamento a casa di Carabellò di un altro testamento olografo di Elisabetta Filippini, che designava invece il fidanzato come erede di due terzi dei propri beni, mentre il resto era destinato ai salesiani del Sacro Cuore.
Soddisfatta l’avvocato Iannuccelli, che rappresentava come parti civili la sorella di Carabellò (la cui figlia minore era stata indicata da Filippini quale erede in caso di morte di Biagio) e Guido Pedroni, responsabile delle missioni in Africa dei frati. «Il dato certo è che Simona Volpe è stata condannata a due anni per aver falsificato il testamento - ha detto Iannuccelli - mentre per quanto riguarda la distruzione del testamento olografo il reato è stato dichiarato prescritto e le motivazioni verranno pubblicate entro 90 giorni.

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20 ottobre 2018

Cavriglia (AR) - Lui la lascia, lei si vendica diffamandolo su Fb

Diffamazione aggravata dall’uso di un mezzo di grande diffusione. Questo il reato contestato a quattro giovani, tutti maggiorenni, di cui una ragazza e tre ragazzi, che sono stati denunciati in stato di libertà dai carabinieri di San Giovanni Valdarno.
La vicenda ha avuto inizio a Cavriglia, quando un valdarnese ha sporto denuncia-querela contro la ex compagna che per vendicarsi di screzi del passato, ha pubblicato alcune frasi ingiuriose, offensive nei suoi confronti, su un social netowork. Il ragazzo ha così lamentato di aver subito una lesione della propria reputazione.
Stessa accusa nei confronti dei tre amici social, che secondo il racconto della vittima, avrebbero continuato il post, commentando con ulteriori ingiurie, ampliando il bacino di utenza di chi poteva leggere e avrebbero quindi concorso nel diffamare l’onore e la reputazione del giovane valdarnese.
Dopo i dovuti controlli i militari hanno proceduto a deferire in stato di libertà le persone coinvolte, per il reato di diffamazione aggravata.

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16 ottobre 2018

Piacenza - La titolare del bar dà una testata a una poliziotta

Ubriaca dà una testata a una poliziotta: «Vi porto a Pomeriggio Cinque», arrestata

Conosco Barbara D'Urso, questo caso finirà a Pomeriggio Cinque. Voi non spegnete proprio niente, non avete nient'altro da fare? Andate ad arrestare gli spacciatori
...e poi la testata ad una poliziotta. E' finita con le manette ai polsi la serata della titolare di un bar di viale Dante.
La donna, 51enne di Milano - con alle spalle alcuni precedenti per rapina, lesioni, guida in stato di ebbrezza e minaccia a pubblico ufficiale - è stata arrestata per lesioni e resistenza e sanzionata per ubriachezza.
Il 15 ottobre era il suo compleanno, fanno sapere dalla Questura, per questo aveva organizzato una serata nel suo locale con un dj; senonché a mezzanotte la musica sarebbe stata troppo alta e qualche residente della zona ha chiamato la centrale operativa del 113 che ha inviato sul posto due volanti.
Alla vista degli agenti la 51enne si è indispettita a tal punto da insultarli pesantemente; era anche in preda ai fumi dell'alcol, poi a sfregio avrebbe acceso una radio alzando il volume al massimo: «Voi non spegnete proprio niente, andate a f...».
Ne è nata una discussione fino a quando è stata fatta arrivare un'ambulanza per evitare anche che potesse farsi male, visto lo stato di agitazione. Non è servito: la donna sarebbe diventata violenta e avrebbe cercato di colpire con calci e pugni gli agenti, è riuscita poi a colpire al volto una poliziotta con una testata (tre giorni di prognosi).
E' stata poi arrestata su disposizione del pm Antonio Colonna.


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11 ottobre 2018

Meda (MB) - Vigilessa soccorre due ubriache dopo incidente, una tenta di strangolarla


Soccorre due donne dopo un incidente, una tenta di strangolarla. Protagonista di questa vicenda, un’agente della Polizia locale di Monza.
E’ scesa in strada per prestare soccorso a due donne che in auto erano andate a sbattere contro una vettura parcheggiata a pochi metri dalla sua abitazione. Ma le due ragazze, ubriache, invece di ringraziarla hanno tentato di strangolarla. Poi sono scappate, facendo perdere le tracce e lasciando l’altra vettura coinvolta nel sinistro danneggiata lungo la via.
E’ successo a Meda giovedì scorso, 4 ottobre, protagonista un’agente di Polizia locale in forza al Comando di Monza, che in seguito all’aggressione subita ha dovuto recarsi in ospedale, dove è stata medicata e dimessa con una prognosi di 22 giorni.
«Avevo appena terminato il mio turno di lavoro a Monza – ha raccontato la donna – Ero salita in casa e stavo per andare a dormire. Ad un certo punto però ho sentito un rumore fortissimo provenire dalla strada. Ho immediatamente pensato a un incidente. E avevo ragione. Mi sono sporta dal balcone e ho notato un’auto bianca che aveva centrato in pieno la vettura di una mia vicina di casa, regolarmente parcheggiata lungo la via. Non ci ho pensato due volte: sono subito scesa per vedere se qualcuno aveva bisogno di aiuto».
«Erano ubriache, non stavano in piedi. Non erano assolutamente in grado di guidare. Ho urlato a lungo per richiamare l’attenzione, nella speranza che qualcuno sentisse e mi desse una mano per fermare le due ragazze che in quello stato rappresentavano un pericolo pubblico. Purtroppo nessuno mi ha sentito. Sono rimasta da sola a fronteggiare le due giovani, di probabili origini sudamericane».

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8 ottobre 2018

Bologna - Fermata ubriaca alla guida, dà il nome della coinquilina

Prima il raggiro da parte dell’ex coinquilina che ha fornito i suoi dati in un controllo di polizia in cui era ubriaca al volante; poi gli inghippi burocratici, che dopo quattro anni le hanno fatto recapitare una sospensione della patente a causa di quello scambio di persona.
Tutto comincia nel 2013 quando Alessia Tundo, ballerina bolognese oggi 33enne, viene fermata da una pattuglia all’uscita di una discoteca di Bologna. La donna è senza patente (le era già stata ritirata), senza documenti e con un tasso alcolemico quasi quattro volte oltre la soglia.
«A quel punto, dichiara di chiamarsi come la sua coinquilina. E i poliziotti verbalizzano», spiega l’avvocato Federico Mosti, che ha seguito la vicenda. «Parte così la notizia di reato alla procura, anche se la prefettura non notifica alla mia assistita l’ordinanza di sospensione cautelare – prosegue il legale –. Casualmente nell’aprile 2014 le viene notificata una contravvenzione per non aver presentato il documento di guida». E da lì si scopre l’enorme raggiro.
La vittima si rivolge all’avvocato, che fa ricorso contro la multa (e lo vince) e presenta una querela per calunnia nei confronti della bolognese e del fidanzato (che quella sera era in auto con lei e aveva confermato alla polizia quelle generalità). Il pm Beatrice Ronchi svolge le indagini e chiede per i due il rinvio a giudizio per calunnia, guida in stato di ebbrezza e scambio di persona.
La Tundo nel 2017 viene condannata in primo grado in abbreviato (il procedimento è pendente in Appello), il fidanzato dovrà presentarsi presto davanti al giudice. L’incubo sembra finito. Non è così.
A fine maggio – quasi cinque anni dopo la bravata – arriva per la reggiana una nuova doccia fredda: un decreto di sospensione della patente per due anni «per guida in stato di di ebbrezza», per il decreto penale da cui è nato il procedimento per calunnia.
La 36enne, nel frattempo tornata a Reggio e diventata madre, torna sconvolta dall’avvocato. Il vorticoso groviglio di incartamenti, nei giorni scorsi, avrebbe trovato un primo esito positivo: la Prefettura – dopo l’ennesimo ricorso dell’avvocato Mosti – ha sospeso il provvedimento.

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11 agosto 2018

Brindisi - Passeggera, in volo, molesta sessualmente uno steward

E’ successo su un volo che una donna di 25 anni ha preteso insistentemente un approccio sessuale da uno steward del volo su cui stava viaggiando.
La donna in un primo tempo stava semplicemente flirtando, poi dalle parole è passata ai fatti, toccando addirittura lo steward nelle sue parti intime.
La protagonista è stata arrestata all’arrivo all’aeroporto di destinazione e incarcerata, rischiando fino a 10 anni di carcere per molestie sessuali in volo.

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2 agosto 2018

Messina - Sono le donne le più corrotte in politica


Messina scossa dall’arresto di Emilia Barrile, ex presidente del Consiglio comunale, e dall’esecuzione di altre 12 misure cautelari nei confronti di altrettanti soggetti accusati, a vario titolo, di aver “piegato” la pubblica amministrazione ai propri interessi.
I dettagli dell’operazione “Terzo livello” tracciano un quadro sconcertante di una parte della scena politica e imprenditoriale peloritana:
Le indagini – come si legge nella nota del GIP per motivare gli arresti domiciliari – rivelano la consuetudine della Barrile allo sfruttamento del potere di influenza che deriva dal ruolo pubblico per esercitare pressioni su dirigenti e funzionari del Comune per garantire il pronto soddisfacimento di interessi privati facenti capo a un ristretto gruppo di imprenditori cittadini a lei collegati da un inquietante logica del do ut des.
L’arresto dell’ex presidente del Consiglio comunale di Messina assume tratti ancora più scuri nelle righe seguenti dove si legge che la Barrile operava con questi metodi “con prospettiva di ritorno sia elettorale che di assunzioni di parenti vicini presso attività imprenditoriali”.
Associazione a delinquere, abuso d’ufficio, atti contrari ai doveri d’ufficio e violazione dei doveri di imparzialità nei confronti della pubblica amministrazione: queste le accuse per le quali sarebbe indagata Emilia Barrile.
Alla base dell’operazione, denominata “Terzo livello”, un’attenta indagine della Procura che ha svelato l’esistenza di un comitato d’affari che gestiva la cosa pubblica per fini privati.


Emilia Barrile nel 2013 fu eletta presidente del consiglio comunale nelle file del Pd. Da quel momento la sua vita cambiò:
Mi rendo conto che sono un personaggio un po’ importante a Messina...
parla così la Barrile, mentre viene intercettata dagli uomini della Dia di Messina e Catania, che hanno ricostruito la rete di favoritismi che avrebbe creato proprio grazie ad una chiara presa di coscienza:
Vado negli uffici e le cose me le fanno
così continuava nella stessa conversazione con il suo sodale, quel Marco Ardizzone che negli anni ’90 era stato arrestato per estorsioni, e per questo considerato dagli inquirenti interno al clan di Gravitelli.
Rimasta fuori dal civico consesso alle ultime elezioni, è adesso ai domiciliari, coinvolta in un’indagine in cui figurano anche avevano dichiarato di aver cercato voti per conto di Genovese.
Secondo le indagini della Dia, il servizio di parcheggio allo Stadio San Filippo affidato alla società dei Pernicone [Angelo e Giuseppe, padre e figlio, sono stati condannati, in abbreviato - sentenza passata in giudicato - per scambio di voti, e nel processo ordinario sono imputati per associazione mafiosa] era stato agevolato dalla presidente.
Ma la sua capacità d’influenza della macchina amministrativa avrebbe raccolto scambi di favore, in cui sono coinvolti imprenditori e amministratori. In carcere è finito Vincenzo Pergolizzi, imprenditore milazzese, soggetto considerato “contiguo alla criminalità organizzata di Barcellona Pozzo di Gotto”.
Una “inquietante logica di do ut des”, in cui la Barrile agevolava – questa è l’ipotesi dell’accusa – pratiche amministrative per ottenere in cambio assunzioni per parenti e consenso elettorale”.
Due società, la "Peloritana Service" e "Universo e Ambiente": la prima ha ottenuto il servizio bar dello stadio San Filippo; la seconda era affidataria del servizio di pulizie dell’Amam. Ed è proprio l’affido dell’Amam che le suscita il dubbio di venire coinvolta in un’inchiesta: per questo, assieme ad Ardizzone, preparava la reazione:
Se ti ferma un giornalista, se ti riprende una telecamera tu devi fare la faccia proprio schifo…

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31 luglio 2018

Reggio E. - Funzionaria Prefettura intasca mazzette per accelerare concessione cittadinanza a stranieri



In cambio di denaro «velocizzava» le pratiche di cittadinanza facendole passare in cima alla lista di quelle da evadere, scavalcando le altre in attesa anche da tempo. Per questo, con l'accusa di corruzione, la polizia ha arrestato (ai domiciliari) Sonia Bedogni, 60 anni, dirigente dell'ufficio cittadinanza della Prefettura reggiana.
Il provvedimento di custodia cautelare le è stato notificato, poco prima che partisse per le ferie. 
Gli agenti della squadra mobile della questura di Reggio Emilia, coordinanti dal pm Giacomo Forte, hanno inoltre posto sotto sequestro preventivo la somma di 116.000 euro, ritenuta provento dell'attività illecita della funzionaria arrestata. L'indagine è partita nel 2016 a seguito di alcune segnalazioni, ma la svolta è arrivata grazie alle intercettazioni video raccolte dagli investigatori negli uffici della prefettura. Fino ad ora sono circa 35 le pratiche di cittadinanza esaminate per le quali è stata provata la corruzione.
In alcuni casi, dietro il pagamento della «mazzetta», venivano spinte avanti - presentando un sollecito - anche posizioni di stranieri a cui la cittadinanza era stata rifiutata, e in due casi persino di pratiche prive dei requisiti di reddito, i cui dati erano stati alterati. Come ammette la Polizia si tratta di una parte infinitesimale degli illeciti che potrebbero essere stati commessi, dal momento che l'attività corruttiva andava avanti almeno dal 2014.
I filmati che incastrano la dipendente infedele rivelano anche il «modus operandi» della donna che, seduta alla sua scrivania, metteva davanti agli interessati la pratica di cittadinanza. Quelli inserivano nella carpetta la somma di denaro (si ipotizza ci fossero delle tariffe prestabilite) e la restituivano alla dirigente che infilava i soldi in un cassetto.

Oberata dalla pratiche, sfacciata nelle richieste di regali, accorta quando si trattava di incassare le mazzette. Sonia Bedogni è considerata a capo di una «vera e propria corruzione seriale». Da tempo voci di corridoio sulla velocizzazione di alcune richieste di cittadinanza da parte di stranieri, erano giunta alle orecchie della procura di Reggio Emilia. Poi la svolta, a inizio 2017, che ha fatto girare il vento dopo mesi di indagini infruttuose.
La capo ufficio, funzionaria dello sportello unico immigrazione della Prefettura di Reggio, è stata incastrata dal racconto dettagliato di uno stagista, teste chiave dell’inchiesta sulla funzionaria (ai domiciliari con l’accusa di corruzione impropria e corruzione propria passiva). Il ragazzo che lavorava all’interno della Prefettura conosce un cittadino cinese, che sa dove lavora e si lamenta con lui che la propria richiesta per diventare cittadino italiano è ferma da sette anni. Il caso viene portato all’attenzione della funzionaria, che si prende cura della pratica. Il cinese prende la cittadinanza in poco tempo, avendone effettivamente i requisiti, ma la storia non finisce lì. La Bedogni confida allo stagista che per aiutare il suo “amico” cinese sono state scavalcate ben 400 pratiche pendenti.
Un balzo immenso, che la funzionaria si vede riconoscere con un primo presente: un profumo prezioso, una bottiglietta di Chanel numero 5, che la donna accetta ringraziando il cinese. Da lì si apre la strada per il secondo episodio.
Il neo cittadino italiano chiede di velocizzare la pratica anche per la moglie. Lo stagista fa da ambasciatore ma la capo ufficio fa un gesto inequivocabile: si strofina il pollice con l’indice della mano destra, facendo capire al ragazzo che stavolta il suo “amico” avrebbe dovuto consegnare dei soldi. Una mazzetta da mille euro dentro una busta, che l’uomo fa vedere allo stagista quando si reca per consegnarla nell’ufficio della funzionaria. Tanti soldi, abbastanza per velocizzare anche la richiesta di cittadinanza del figlio.

Afferma la Procura, nell’ordinanza con la quale ha chiesto l'emissione della misura cautelare, che è chiaro che la funzionaria pubblica «possiede una merce di scambio molto efficace per realizzare il proprio illecito arricchimento». La donna, infatti, usa come deterrente la burocrazia e le lungaggini per giustificare l’extra. Fa notare il numero di pratiche sui suoi scaffali, enumera gli anni necessari per vedersi riconoscere la cittadinanza.
La Procura stessa si è presa la briga di fare dei controlli a campione scegliendo cinque pratiche per verificare quanto tempo passava tra la presentazione della domanda e la verifica della stessa passassero in media un anno e sei mesi. Circa due anni la tempistica di evasione di una pratica di cittadinanza senza macchie da parte della Prefettura.
«In questo modo più dirsi che la Bedogni riceveva il pagamento di denaro per i propri servigi consistenti innanzitutto nell’accelerare l’istruttoria della pratica, dando la precedenza a quelle per le quali ha ricevuto l’illecito compenso». 
L’accelerazione delle pratiche avveniva con l’utilizzo di uno stratagemma «attraverso cui realizzare in concreto un efficace uso dell’esercizio distorto del proprio potere discrezionale, senza che ciò insospettisca i suoi superiori»: la Bedogni avrebbe indotto gli interessati a formalizzare un sollecito ad hoc sullo stato della pratica, attraverso il quale vincolare inconsapevolmente il prefetto o il suo delegato a firmare più celermente l’autorizzazione. Il prefetto stesso, si lamenta però la Bedogni, chiedeva di rispettare l’ordine di arrivo delle pratiche, mettendo in crisi il business illegale.



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24 luglio 2018

Reggio E. - Noi, le prime emancipate degli anni '60, imbocchiamo la tangenziale contromano

«Non mi sono accorta che l’ingresso era sbagliato». Così ha dichiarato una reggiana di 78 anni, residente in provincia, agli agenti della polizia municipale, che le si sono parati davanti per farla accostare. La pensionata ha imboccato la tangenziale contromano e solo l’assenza di altre vetture sulla corsia di sorpasso ha scongiurato la strage.
L’incredibile episodio si è risolto con qualche livido per la conducente e un familiare che è accorso per riportarla a casa, visto che la patente di guida le è stata ritirata.
L’allarme risale a ieri intorno alle 11, quando il centralino della polizia municipale, così come quello del comando dei carabinieri di corso Cairoli, è diventato rovente: almeno una decina le telefonate di automobilisti di passaggio che hanno segnalato il pericolo quell’auto contromano sulla corsia nord della tangenziale, quella che conduce verso Parma. Viaggiava invece in senso inverso, verso Modena, schivando le altre vetture, la Renault Clio dell’anziana.
Una pattuglia della polizia municipale ha intercettato la Clio all’altezza del chilometro cinque, in linea d’aria vicino a via del Chionso.
Quando gli agenti le hanno imposto l’alt, la pensionata, evidentemente in stato confusionale, nell’accostare ha urtato contro il guard rail sul lato della corsia di sorpasso, sgombra per puro caso. La donna è risultata quasi illesa; nei suoi confronti è scattato l’immediato ritiro del documento di guida.

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Bisceglie (BA) - E' una donna la più spietata caporale di Puglia



“Non è vita così … si stava sentendo male …poi è caduta a terra … prendi l’acqua … ma acqua non ne avevamo più … buttagli l’acqua … buttagli l’acqua addosso…”.
È uno stralcio di una conversazione intercettata dalla Procura di Bari nell’inchiesta “Macchia Nera” su una presunta organizzazione di caporali, che ha portato oggi all’arresto di 3 persone e per altre 4 è stato disposto l’obbligo di dimora (sono 11 in totale le persone indagate).
Al telefono due braccianti raccontano quanto accaduto a una loro collega, che si era sentita male a causa del caldo e del troppo lavoro, senza essere soccorsa. Era il 22 luglio 2016. L’indagine della finanza era appena cominciata.
Da allora in poi gli investigatori hanno raccolto numerose testimonianze di braccianti sfruttati. Una donna racconta di essere addetta a incassettare le ciliegie nel magazzino di Bisceglie e, poi, all’acinellatura. Nei campi “giungevo tramite un bus dell’azienda dopo essere partita da Mola di Bari, intorno alle ore 01.30” e “lavoravo anche per 15 ore consecutive, sempre in piedi, con una breve pausa pranzo di soli 30 minuti”. “Coloro che non pagavano – racconta la donna – venivano allontanati”.
“Sono stato costretto a sottostare alle condizioni imposte, – spiega agli investigatori un altro bracciante – perché ho una famiglia da mantenere composta da 4 persone e sono l’unica persona a lavorare in casa e soprattutto perché non riuscivo a trovare altri lavori”.
La presunta caporale, che i braccianti conoscevano come “Marisa”, istruiva i lavoratori su cosa rispondere in caso di controlli dei finanzieri , fornendo loro “bigliettini promemoria”: non dovevano chiamarla “caporale”, dovevano dire di lavorare 6 ore al giorno (e non 14 come invece avveniva) e non riferire che le corrispondevano una percentuale sul guadagno, già molto basso, che gli inquirenti ritengono una “vera e propria tangente sulla manodopera”.

Hanno parzialmente ammesso le accuse di caporalato ed estorsione ai danni dei braccianti agricoli le tre persone arrestate due giorni fa dalla Guardia di Finanza nell’ambito dell’indagine «Macchia nera» della Procura di Bari. Negli interrogatori di garanzia, i tre indagati hanno scelto di non rispondere su molte delle contestazioni, pur ammettendo di aver intascato la cosiddetta “quindicina”: 2 euro per ogni giornata di lavoro, che veniva distratta dai compensi dei braccianti e da loro versata ai presunti caporali ogni quindici giorni (Ansa).
I tre arrestati - Maria Macchia, incaricata di reclutare i braccianti e segnare le presenze; l’amministratore e l’addetto alla contabilità dell’azienda agricola Extrafrutta di Bisceglie, Bernardino Pedone; e Massimo Dell’Orco - sono accusati di aver pagato per anni 2mila braccianti agricoli circa 2 euro e 50 all’ora, facendoli lavorare fino a 14 ore consecutive sotto i teloni con temperature altissime, a condizione che per ogni giornata lavorativa restituissero al caporale 2 euro.
Agli indagati, 11 in totale, si contestano a vario titolo i reati di associazione per delinquere, caporalato, estorsione, truffa ai danni dell’Inps e autoriciclaggio. Al termine degli interrogatori il difensore dei tre arrestati, l’avvocato Salvatore Campanelli, ha chiesto la revoca delle misure cautelari e dei sequestri (circa 1 milione di euro) e il giudice si è riservato la decisione.



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4 luglio 2018

Bari - Donna incinta depreda negozi: arrestata




I Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Bari San Paolo, hanno tratto in arresto una giovane donna, già nota alle Forze dell’Ordine, del quartiere San Pio, che fra il settembre 2017 ed il gennaio 2018 si è resa responsabile di aver consumato o tentato almeno 5 furti presso esercizi commerciali del quartiere Poggiofranco.
La 34enne, in avanzato stato di gravidanza, era solita accedere all’interno di esercizi commerciali - principalmente gestiti da donne, per ricevere maggiore disponibilità in considerazione dello stato interessante - chiedendo di andare in bagno. Una volta raggiunto il retro del locale, laddove erano presenti gli spogliatoi dei dipendenti dell’esercizio, depredava gli effetti personali di quest’ultimi, appropriandosi principalmente del denaro. Talvolta, in alcuni degli esercizi commerciali colpiti, approfittando della disponibilità accordatale dalle dipendenti e della distrazione degli stessi dovuta alla presenza della clientela intenta agli acquisti, aveva tentato di asportare il denaro contante direttamente dai registratori di cassa.
Il fattore comune dei reati predatori è stato individuato in prima battuta dal Pubblico Ministero Simona Filoni, la quale, ricostruendo alcune segnalazioni relative alla consumazioni di furti da parte di una donna in stato interessante, ha coordinato e raccolto gli accertamenti svolti dai Carabinieri su vari fatti reato.
I militari, seguendo la ricostruzione della Procura, hanno approfondito gli accertamenti e raccolto dichiarazioni e testimonianze di tutti gli esercenti, nonché di alcuni clienti del quartiere Poggiofranco. Così, scandagliando le varie attività commerciali del quartiere, è emerso che alcune delle vittime avevano anche affisso un messaggio di allerta per gli altri colleghi sulle vetrine dei negozi ed avevano diffuso e condiviso la fotografia della donna, ripresa con un cellulare durante uno dei tentati furti, sul social network Facebook, corredandola del messaggio: “questa signora entra nei negozi e con una scusa vi allontana e vi ruba ciò che può. Incinta accento salentino. Ti abbiamo ripresa … fate girare!”.
Questo elemento, determinante per le indagini, ha fatto sì che si effettuassero numerosi confronti con altre fotografie appartenenti a donne resesi in passato responsabili di reati simili, consentendo di riuscire ad identificare, nella 34 enne arrestata, la donna protagonista dell’allerta sui social.
La donna è stata posta agli arresti domiciliari in una comunità.

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3 luglio 2018

Lecce - Imprenditrice intascava le caparre per l'acquisto delle case all'asta



Con l’accusa di peculato, i militari della guardia di finanza di Lecce hanno arrestato la rappresentante legale di una società operante nel settore delle vendite e delle aste giudiziarie. Si tratta di Rosanna Tornese, leccese, di 45 anni.
È accusata di aver intascato le cauzioni versate dai clienti per l’acquisto e la vendita all’asta di beni per oltre 80mila euro. I finanzieri l’hanno arrestata a Roma dove si trovava per motivi personali.
Le indagini, coordinate dalla Procura di Lecce, sono cominciate in seguito ad alcune denunce presentate dalle vittime che, dopo aver preso parte ad aste gestite dalla società investigata, non avevano ottenuto in restituzione le cauzioni versate.
Gli approfondimenti investigativi, hanno permesso di acclarare come la donna, in occasione di 33 distinte procedure esecutive, si sia impossessata in 14 casi delle somme versate a titolo di cauzione dai partecipanti all’asta, e in 19 casi del ricavo derivante dalla vendita dei beni pignorati.
Oltre all’ordinanza di custodia ordinanza cautelare, il gip di Lecce ha disposto anche il sequestro preventivo per equivalente di beni riconducibili alla donna per importo pari alla somma che sarebbe stata indebitamente sottratta alle casse giudiziarie.

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1 luglio 2018

Reggio E. - Psicologa accusa due sorelle di "fare sesso col gatto": condannata

Le ha accusate su Facebook, scrivendo nome e cognome, di essere «delinquenti» e «fannullone», di compiere «crimini», di avere «necessità di cure psichiche» e di fare «sesso col gatto», tutto sul suo profilo con post diffamatori.
Adesso, in base alla sentenza emessa dal giudice civile di Cagliari, Giorgio Latti, dovrà pagare alle vittime complessivamente 30mila euro, e dovrà subito cancellare i post, pena l'esborso di 100 euro per ogni giorno di permanenza dei messaggi sul social.
Protagonista della vicenda una psicologa di circa 50 anni di Reggio Emilia; vittime due sorelle cagliaritane, una anche lei psicologa e l'altra commercialista.
La vicenda inizia nel 2014 quando le due sarde conoscono un amico della 50enne. Lei però non gradisce e pubblica su Facebook una serie di illazioni sul rapporto tra le sorelle e il suo amico. Le cagliaritane «bloccano» l'accesso alle loro bacheche virtuali, sperando che la cosa finisca lì. Invece la professionista ha continuato a bersagliarle per quasi due anni.
«Ricordo che il gatto viene abusato e vessato dalle (...) e dai loro complici in diversi modi, lo abbiamo osservato e documentato molte volte», si legge in un post. E ancora: «Le (..) ci continuano a mostrare le loro gravi difficoltà cognitive. Individui mentalmente sani non sarebbero capaci di tanta cattiveria sul gatto». «È una grande delinquente fannullona, come sua sorella...».
Le vittime scoprono i messaggi, alcuni anche corredati di foto rubate dai profili, grazie a un amico comune che aveva accesso alla pagina della 50enne. Vista la situazione si rivolgono a un legale, l'avvocato Roberto Cao, per presentare denuncia e avviare una causa civile.
Ora è arrivata la sentenza con cui la psicologa viene condannata al pagamento di 15mila euro per ognuna delle due sorelle, oltre alle spese processuali. Una segnalazione è stata inviata all'ordine degli Psicologi, mentre è ancora in corso il procedimento penale.

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