31 luglio 2018

Reggio E. - Funzionaria Prefettura intasca mazzette per accelerare concessione cittadinanza a stranieri



In cambio di denaro «velocizzava» le pratiche di cittadinanza facendole passare in cima alla lista di quelle da evadere, scavalcando le altre in attesa anche da tempo. Per questo, con l'accusa di corruzione, la polizia ha arrestato (ai domiciliari) Sonia Bedogni, 60 anni, dirigente dell'ufficio cittadinanza della Prefettura reggiana.
Il provvedimento di custodia cautelare le è stato notificato, poco prima che partisse per le ferie. 
Gli agenti della squadra mobile della questura di Reggio Emilia, coordinanti dal pm Giacomo Forte, hanno inoltre posto sotto sequestro preventivo la somma di 116.000 euro, ritenuta provento dell'attività illecita della funzionaria arrestata. L'indagine è partita nel 2016 a seguito di alcune segnalazioni, ma la svolta è arrivata grazie alle intercettazioni video raccolte dagli investigatori negli uffici della prefettura. Fino ad ora sono circa 35 le pratiche di cittadinanza esaminate per le quali è stata provata la corruzione.
In alcuni casi, dietro il pagamento della «mazzetta», venivano spinte avanti - presentando un sollecito - anche posizioni di stranieri a cui la cittadinanza era stata rifiutata, e in due casi persino di pratiche prive dei requisiti di reddito, i cui dati erano stati alterati. Come ammette la Polizia si tratta di una parte infinitesimale degli illeciti che potrebbero essere stati commessi, dal momento che l'attività corruttiva andava avanti almeno dal 2014.
I filmati che incastrano la dipendente infedele rivelano anche il «modus operandi» della donna che, seduta alla sua scrivania, metteva davanti agli interessati la pratica di cittadinanza. Quelli inserivano nella carpetta la somma di denaro (si ipotizza ci fossero delle tariffe prestabilite) e la restituivano alla dirigente che infilava i soldi in un cassetto.

Oberata dalla pratiche, sfacciata nelle richieste di regali, accorta quando si trattava di incassare le mazzette. Sonia Bedogni è considerata a capo di una «vera e propria corruzione seriale». Da tempo voci di corridoio sulla velocizzazione di alcune richieste di cittadinanza da parte di stranieri, erano giunta alle orecchie della procura di Reggio Emilia. Poi la svolta, a inizio 2017, che ha fatto girare il vento dopo mesi di indagini infruttuose.
La capo ufficio, funzionaria dello sportello unico immigrazione della Prefettura di Reggio, è stata incastrata dal racconto dettagliato di uno stagista, teste chiave dell’inchiesta sulla funzionaria (ai domiciliari con l’accusa di corruzione impropria e corruzione propria passiva). Il ragazzo che lavorava all’interno della Prefettura conosce un cittadino cinese, che sa dove lavora e si lamenta con lui che la propria richiesta per diventare cittadino italiano è ferma da sette anni. Il caso viene portato all’attenzione della funzionaria, che si prende cura della pratica. Il cinese prende la cittadinanza in poco tempo, avendone effettivamente i requisiti, ma la storia non finisce lì. La Bedogni confida allo stagista che per aiutare il suo “amico” cinese sono state scavalcate ben 400 pratiche pendenti.
Un balzo immenso, che la funzionaria si vede riconoscere con un primo presente: un profumo prezioso, una bottiglietta di Chanel numero 5, che la donna accetta ringraziando il cinese. Da lì si apre la strada per il secondo episodio.
Il neo cittadino italiano chiede di velocizzare la pratica anche per la moglie. Lo stagista fa da ambasciatore ma la capo ufficio fa un gesto inequivocabile: si strofina il pollice con l’indice della mano destra, facendo capire al ragazzo che stavolta il suo “amico” avrebbe dovuto consegnare dei soldi. Una mazzetta da mille euro dentro una busta, che l’uomo fa vedere allo stagista quando si reca per consegnarla nell’ufficio della funzionaria. Tanti soldi, abbastanza per velocizzare anche la richiesta di cittadinanza del figlio.

Afferma la Procura, nell’ordinanza con la quale ha chiesto l'emissione della misura cautelare, che è chiaro che la funzionaria pubblica «possiede una merce di scambio molto efficace per realizzare il proprio illecito arricchimento». La donna, infatti, usa come deterrente la burocrazia e le lungaggini per giustificare l’extra. Fa notare il numero di pratiche sui suoi scaffali, enumera gli anni necessari per vedersi riconoscere la cittadinanza.
La Procura stessa si è presa la briga di fare dei controlli a campione scegliendo cinque pratiche per verificare quanto tempo passava tra la presentazione della domanda e la verifica della stessa passassero in media un anno e sei mesi. Circa due anni la tempistica di evasione di una pratica di cittadinanza senza macchie da parte della Prefettura.
«In questo modo più dirsi che la Bedogni riceveva il pagamento di denaro per i propri servigi consistenti innanzitutto nell’accelerare l’istruttoria della pratica, dando la precedenza a quelle per le quali ha ricevuto l’illecito compenso». 
L’accelerazione delle pratiche avveniva con l’utilizzo di uno stratagemma «attraverso cui realizzare in concreto un efficace uso dell’esercizio distorto del proprio potere discrezionale, senza che ciò insospettisca i suoi superiori»: la Bedogni avrebbe indotto gli interessati a formalizzare un sollecito ad hoc sullo stato della pratica, attraverso il quale vincolare inconsapevolmente il prefetto o il suo delegato a firmare più celermente l’autorizzazione. Il prefetto stesso, si lamenta però la Bedogni, chiedeva di rispettare l’ordine di arrivo delle pratiche, mettendo in crisi il business illegale.



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