10 luglio 2012

Cassina de' Pecchi (MI) - 5 anni alla funzionaria che usava i soldi del Comune per comprare abiti firmati

20 luglio 2011 - Era lei a gestire le finanze del Comune di Cassina de' Pecchi, nel Milanese. Funzionaria «storica», fidatissima, al suo posto da 20 anni. Ma la tentazione di avere tutti quei soldi sotto mano, senza nessun controllo, alla fine è stata troppo forte: ha cominciato ad assecondare qualche capriccio per i bei vestiti e per le piante ornamentali, poi si è «allargata» fino a pagarsi persino le spese condominiali, per un totale di 30 mila euro circa. Ora è arresti domiciliari, con le accuse di peculato e falso. Enrica Ambrosini, 60 anni, ragioniera, da vent'anni era la responsabile del settore Finanze - Tributi - Personale e organizzazione del Comune di Cassina de' Pecchi. La misura di custodia cautelare è stata firmata dal gip di Milano, Simone Luerti, a seguito delle indagini coordinate dai pm Tiziana Siciliano e Grazia Pradella e condotte dalla Guardia di Finanza milanese.
Secondo l'accusa la donna, sfruttando anche il fatto che nessuno dentro l'amministrazione controllasse quello che faceva, emetteva falsi mandati di pagamento a carico del Comune, si presentava agli sportelli comunali e si faceva consegnare assegni circolari. Trentamila euro in totale, a spese del Comune. Dal dicembre del 2010 si sarebbe pagata con quei soldi 3 mila euro di vestiti, 2400 euro di piante e fiori. Poi 4200 euro girati a una finanziaria e diverse «tranche» per migliaia di euro di spese condominiali. La donna, in più, risulta residente non a Cassina de' Pecchi, ma in una villa in Sardegna, a Golfo Aranci.

"Ha rubato 165 mila euro al Comune"
6 ottobre 2011 - Alla fine è crollata. Ha ammesso di aver sottratto alle casse del Comune dove, da anni, era considerata una funzionaria modello, 165mila euro più qualche spicciolo. Enrica Ambrosino, la sessantenne ex responsabile del settore Finanze e Tributi di Cassina de' Pecchi (attualmente è sospesa dal servizio), è stata a lungo ascoltata dai pm Grazia Pradella e Tiziana Siciliano. Dopo un’iniziale reticenza, ha ammesso e, soprattutto, si è detta disponibile a risarcire quanto "rubato". Nel frattempo, però, il rischio di essere processata da detenuta (è agli arresti domiciliari dal 20 luglio), è un’ipotesi che potrebbe materializzarsi molto presto. Da ieri, infatti, i magistrati hanno formalizzato una richiesta di rito immediato nei suoi confronti. Per la procura, la prova è «evidente», documentale.
Per raggiungerla, una pattuglia delle fiamme gialle ha scartabellato per tre settimane negli archivi del Comune, scoprendo che gli iniziali 21 mila euro che erano alla base dell’ordine d’arresto per falso e peculato erano solo una piccola fetta del bottino. La signora Ambrosino, secondo l’accusa, ha iniziato, quasi timidamente, a sottrarre denaro alle casse comunale dal 2006. All’inizio davvero qualche spicciolo (poco più di mille euro). Poi, probabilmente quando si è resa conto che nessuno si sarebbe mai accorto di nulla, ha iniziato a esagerare.
I «premi produzione» che lei stessa si assegnava sono diventati sempre più
consistenti. Nel 2008 ha allegato alla propria busta paga anche 2000 euro di buoni pasto, che due anni dopo sono lievitati a 7.000 euro. Nel 2011 le spese della sciura Ambrosino si sono ulteriormente impennate. Il Comune di Cassina de’ Pecchi, inconsapevolmente, le ha pagato anche le spese condominiali nel complesso dove risiede (6.800 euro). Bella cifra, giustificata da un condominio decisamente signorile, che tra le spese comporta il mantenimento del parco, di due campi da tennis e due piscine.
Di incombenze economiche, la signora Ambrosino sembra comunque averne avute molte, come non capirla. E, così, attingendo sempre dalle casse comunali, ha pagato la lavatrice di casa, ma anche il conto della spesa al Gros market, e perfino, la volta che ha avuto problemi a collegare gli elettrodomestici di casa, una presa multipla in casa comprata al negozio Media World. Spesa tutt’altro che ingente, 39 euro, ma addebitata sempre, e comunque, al suo datore di lavoro.
La sfacciata economa ha usato il sistema dei mandati di pagamento taroccati anche per saldare l’iscrizione all’ordine dei commercialisti e il conto alla pompa di benzina sotto casa. Fino al luglio scorso, quando è stata arrestata, aveva addebitato alle casse pubbliche dei pessinesi 3.342 euro di carburante. Non solo per la sua auto, ma anche per quelle dei figli, ignari che il conto non lo saldasse a fine mese l’amata mamma, ma lo pagassero i concittadini.

5 marzo 2012 - Cinque anni di carcere, senza la concessione di alcuna attenuante e con l'obbligo di risarcire le casse comunali. È la condanna inflitta dal gup di Milano Enrico Manzi a Enrica Ambrosino, 61 anni, l'ex funzionaria del Comune di Cassina de' Pecchi arrestata il 20 luglio scorso e tuttora ai domiciliari per aver usato i soldi dell'amministrazione per le sue spese personali. La sentenza, per quello che gli stessi inquirenti hanno definito un «caso di scuola di peculato» ai danni dei contribuenti, è stata emessa nel processo con il rito abbreviato, che prevede lo sconto di un terzo della pena. Il giudice ha superato la richiesta di condanna formulata dai pm Grazia Pradella e Tiziana Siciliano, che avevano chiesto 4 anni per l'imputata.
Quand'era dirigente del settore finanze e tributi dell'amministrazione comunale, la Ambrosino per 7 anni ha utilizzato le risorse pubbliche per tutte le sue necessità. Gli episodi contestati sono 141, che sarebbero stati commessi tra l'aprile del 2004 e il luglio del 2011. I soldi andavano a coprire le sue «spese personali». Negli anni li ha utilizzati per le questioni più varie: dall'acquisto di «elettrodomestici», come una «lavatrice», alle «calzature», fino alle riparazioni della macchina e alle spese condominiali e anche alle tasse universitarie per il figlio. E poi ancora «carburante», «spese di copisteria» e per il «commercialista». E poi anche il rimborso di un incidente stradale, l'Ici, l'Irpef e il bollo auto.
Il giudice l'ha anche condannata a risarcire il Comune, rappresentato come parte civile dall'avvocato Paolo Grasso, con 182 mila euro: 166 mila euro è l'ammontare esatto del peculato contestato, più 16 mila euro di altri danni patrimoniali provocati alle casse comunali. Inoltre, l'ex funzionaria (licenziata lo scorso dicembre dopo la conclusione del procedimento disciplinare) dovrà versare oltre 50 mila euro di danni morali al Comune. Stando alle indagini, la dirigente, accusata anche di falso, redigeva «falsi mandati di pagamento» a carico del Comune, si presentava agli sportelli comunali e si faceva consegnare assegni circolari.
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10 luglio 2012 - Funzionaria dirigente del settore Finanze, tributi e personale del Comune di Cassina de’ Pecchi condannata per essersi appropriata di 166milaeuro dell’amministrazione attraverso l’utilizzo di falsi mandati di pagamento: arrivano le motivazioni della sentenza con cui, lo scorso marzo, ad Enrica Ambrosio sono stati inflitti con rito abbreviato a 5 anni di reclusione.
La funzionaria ha inferto una “grave ferita” alla “credibilità” del Comune di Cassina De’ Pecchi e alla sua “capacità di controllare e governare i funzionari”. Soldi sottratti alle casse comunali per pagare debiti personali suoi o del marito deceduto lo scorso anno “della natura più disparata: dall’insoluto nel suo negozio d’abbigliamento di fiducia, al pagamento delle spese condominiali, al conto del fioraio, all’estinzione di mutui con società finanziarie”, spiega nel documento. Con la stessa sentenza la donna, finita in carcere un anno fa e oggi agli arresti domiciliari, è stata condannata a risarcire al Comune danni patrimoniali e morali per 237.870 euro.
Nel documento, il gup spiega che non possono essere concesse all’imputata le attenuanti generiche per svariate ragioni. In primo luogo perché “il comportamento processuale non è stato in alcun modo collaborativo quanto all’accertamento dei fatti”. Inoltre perché Ambrosino “non ha messo a disposizione della parte offesa le risorse di cui tuttora dispone, pur essendo agevolmente prevedibile l’ammontare del danno da riparare”.
Non va poi dimenticato che “i fatti accertati sono obbiettivamente gravi, al di là dell’ammontare dei profitti realizzati illecitamente, e hanno gettato un notevole discredito sulla correttezza e l’operato di tutta l’amministrazione comunale, compresi i colleghi di lavoro”. Inoltre “non vi sono giustificazioni o motivazioni di sorta che possano spiegare un’appropriazione così estesa e radicata delle risorse pubbliche”.

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